Eccetto per queste cateneCampione

Paolo si descrive come il prigioniero del Signore (Efesini 4:1). Anche durante l’ingiusta prigionia, Paolo si sentì chiamato a vivere all’altezza della vocazione che Dio gli aveva affidata. La prima lealtà della nostra vita deve essere verso Dio, che è l’autorità suprema in questo mondo. Questo significa guardare al Signore perché sia il nostro esempio, soprattutto quando intorno a noi ci sono esempi negativi.

Anche quando i nostri movimenti sono limitati, le nostre lingue sono fin troppo libere! Come dice Giacomo nella sua lettera: la lingua, nessun uomo la può domare (Giacomo 3:8). Quindi, quando siamo circondati da persone che mentono, esprimono rabbia, usano un linguaggio scurrile o criticano tutto e tutti, dobbiamo imparare da Dio, attraverso la guida dello Spirito Santo, come benedire ed edificare gli altri piuttosto che abbatterli. Con l’aiuto di Dio possiamo perdonare coloro che ci fanno del male o parlano male di noi.

Le persone finiscono in prigione per ciò che hanno tolto alla società: beni, denaro o vite. Paolo dice che, se affidiamo la nostra vita a Dio, Egli ci aiuterà non solo a fare riparazione, ma anche ad andare oltre e a dare un contributo positivo alla società, lavorando per provvedere non solo ai nostri bisogni, ma anche affinché abbiamo qualcosa da dare a colui che è nel bisogno (Efesini 4:28).

Anche quando era in carcere, Paolo mirava a essere un esempio piuttosto che essere influenzato dall’esempio degli altri. I suoi consigli derivano dall’esperienza. Prendiamo a cuore le sue parole e mettiamole in pratica.