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Atti degli Apostoli 16:12-40

Atti degli Apostoli 16:12-40 Nuova Riveduta 2006 (NR06)

di là ci recammo a Filippi, che è colonia romana e la città più importante di quella regione della Macedonia; e restammo in quella città alcuni giorni. Il sabato andammo fuori dalla porta, lungo il fiume, dove pensavamo vi fosse un luogo di preghiera; e, sedutici, parlavamo alle donne là riunite. Una donna della città di Tiatiri, commerciante di porpora, di nome Lidia, che temeva Dio, stava ad ascoltare. Il Signore le aprì il cuore per renderla attenta alle cose dette da Paolo. Dopo che fu battezzata con la sua famiglia, ci pregò dicendo: «Se avete giudicato che io sia fedele al Signore, entrate in casa mia e alloggiatevi». E ci costrinse ad accettare. Mentre andavamo al luogo di preghiera, incontrammo una serva posseduta da uno spirito di divinazione. Facendo l’indovina, essa procurava molto guadagno ai suoi padroni. Costei, messasi a seguire Paolo e noi, gridava: «Questi uomini sono servi del Dio altissimo e vi annunciano la via della salvezza». Così fece per molti giorni; ma Paolo, infastidito, si voltò e disse allo spirito: «Io ti ordino, nel nome di Gesù Cristo, che tu esca da costei». Ed egli uscì in quell’istante. I suoi padroni, vedendo che la speranza del loro guadagno era svanita, presero Paolo e Sila e li trascinarono sulla piazza davanti alle autorità; e, presentatili ai pretori, dissero: «Questi uomini, che sono Giudei, turbano la nostra città e predicano riti che a noi Romani non è lecito accettare né praticare». La folla insorse allora contro di loro; e i pretori, strappate loro le vesti, comandarono che fossero battuti con le verghe. E, dopo aver dato loro molte vergate, li cacciarono in prigione, comandando al carceriere di sorvegliarli attentamente. Ricevuto tale ordine, egli li rinchiuse nella parte più interna del carcere e mise dei ceppi ai loro piedi. Verso la mezzanotte Paolo e Sila, pregando, cantavano inni a Dio; e i carcerati li ascoltavano. A un tratto vi fu un gran terremoto, la prigione fu scossa dalle fondamenta; e in quell’istante tutte le porte si aprirono e le catene di tutti si spezzarono. Il carceriere si svegliò e, vedute tutte le porte del carcere spalancate, sguainò la spada per uccidersi, pensando che i prigionieri fossero fuggiti. Ma Paolo gli gridò ad alta voce: «Non farti del male, perché siamo tutti qui». Il carceriere, chiesto un lume, balzò dentro e, tutto tremante, si gettò ai piedi di Paolo e di Sila; poi li condusse fuori e disse: «Signori, che debbo fare per essere salvato?» Ed essi risposero: «Credi nel Signore Gesù, e sarai salvato tu e la tua famiglia». Poi annunciarono la Parola del Signore a lui e a tutti quelli che erano in casa sua. Ed egli li prese con sé in quella stessa ora della notte, lavò le loro piaghe e subito fu battezzato lui con tutti i suoi. Poi li fece salire in casa sua, apparecchiò loro la tavola, e si rallegrava con tutta la sua famiglia, perché aveva creduto in Dio. Fattosi giorno, i pretori mandarono i littori a dire: «Libera quegli uomini». Il carceriere riferì a Paolo queste parole, dicendo: «I pretori hanno mandato a dire che siate rimessi in libertà; or dunque uscite, e andate in pace». Ma Paolo disse loro: «Dopo averci battuti in pubblico senza che fossimo stati condannati, noi che siamo cittadini romani, ci hanno gettati in prigione; e ora vogliono rilasciarci di nascosto? No davvero! Anzi, vengano loro stessi a condurci fuori». I littori riferirono queste parole ai pretori; e questi ebbero paura quando seppero che erano romani. Essi vennero e li pregarono di scusarli; e, accompagnandoli fuori, chiesero loro di andarsene dalla città. Allora Paolo e Sila, usciti dalla prigione, entrarono in casa di Lidia; e, visti i fratelli, li confortarono, poi partirono.

Atti degli Apostoli 16:12-40 Nuova Riveduta 1994 (NR94)

di là ci recammo a *Filippi, che è colonia romana e la città piú importante di quella regione della Macedonia; e restammo in quella città alcuni giorni. Il sabato andammo fuori dalla porta, lungo il fiume, dove pensavamo vi fosse un luogo di preghiera; e sedutici parlavamo alle donne là riunite. Una donna della città di Tiatiri, commerciante di porpora, di nome Lidia, che temeva Dio, ci stava ad ascoltare. Il Signore le aprí il cuore, per renderla attenta alle cose dette da Paolo. Dopo che fu battezzata con la sua famiglia, ci pregò dicendo: «Se avete giudicato ch'io sia fedele al Signore, entrate in casa mia, e alloggiatevi». E ci costrinse ad accettare. Mentre andavamo al luogo di preghiera, incontrammo una serva posseduta da uno spirito di divinazione. Facendo l'indovina, essa procurava molto guadagno ai suoi padroni. Costei, messasi a seguire Paolo e noi, gridava: «Questi uomini sono servi del Dio altissimo, e vi annunziano la via della salvezza». Cosí fece per molti giorni; ma Paolo, infastidito, si voltò e disse allo spirito: «Io ti ordino, nel nome di Gesú Cristo, che tu esca da costei». Ed egli uscí in quell'istante. I suoi padroni, vedendo che la speranza del loro guadagno era svanita, presero Paolo e *Sila e li trascinarono sulla piazza davanti alle autorità; e, presentatili ai pretori, dissero: «Questi uomini, che sono Giudei, turbano la nostra città, e predicano riti che a noi Romani non è lecito accettare né praticare». La folla insorse allora contro di loro; e i pretori, strappate loro le vesti, comandarono che fossero battuti con le verghe. E, dopo aver dato loro molte vergate, li cacciarono in prigione, comandando al carceriere di sorvegliarli attentamente. Ricevuto tale ordine, egli li rinchiuse nella parte piú interna del carcere e mise dei ceppi ai loro piedi. Verso la mezzanotte Paolo e Sila, pregando, cantavano inni a Dio; e i carcerati li ascoltavano. A un tratto, vi fu un gran terremoto, la prigione fu scossa dalle fondamenta; e in quell'istante tutte le porte si aprirono, e le catene di tutti si spezzarono. Il carceriere si svegliò e, vedute tutte le porte del carcere spalancate, sguainò la spada per uccidersi, pensando che i prigionieri fossero fuggiti. Ma Paolo gli gridò ad alta voce: «Non farti del male, perché siamo tutti qui». Il carceriere, chiesto un lume, balzò dentro e tutto tremante, si gettò ai piedi di Paolo e di Sila; poi li condusse fuori e disse: «Signori, che debbo fare per essere salvato?» Ed essi risposero: «Credi nel Signore Gesú, e sarai salvato tu e la tua famiglia». Poi annunziarono la Parola del Signore a lui e a tutti quelli che erano in casa sua. Ed egli li prese con sé in quella stessa ora della notte, lavò le loro piaghe e subito fu battezzato lui con tutti i suoi. Poi li fece salire in casa sua, apparecchiò loro la tavola, e si rallegrava con tutta la sua famiglia, perché aveva creduto in Dio. Fattosi giorno, i pretori mandarono i littori a dire: «Libera quegli uomini». Il carceriere riferí a Paolo queste parole, dicendo: «I pretori hanno mandato a dire che siate rimessi in libertà; or dunque uscite, e andate in pace». Ma Paolo disse loro: «Dopo averci battuti in pubblico senza che fossimo stati condannati, noi che siamo cittadini romani, ci hanno gettati in prigione; e ora vogliono rilasciarci di nascosto? No davvero! Anzi, vengano loro stessi a condurci fuori». I littori riferirono queste parole ai pretori; e questi ebbero paura quando seppero che erano Romani; essi vennero e li pregarono di scusarli; e, accompagnandoli fuori, chiesero loro di andarsene dalla città. Allora Paolo e Sila, usciti dalla prigione, entrarono in casa di Lidia; e visti i fratelli, li confortarono, e partirono.

Atti degli Apostoli 16:12-40 Traduzione Interconfessionale in Lingua Corrente (ICL00D)

Di qui andammo a Filippi, che è una colonia romana e capoluogo della Macedonia. A Filippi ci fermammo per alcuni giorni. Un *sabato uscimmo dalla città per andare a pregare: pensavamo infatti che lungo il fiume ci fosse un luogo di preghiera. Arrivati là, ci sedemmo e ci mettemmo a parlare alle donne che si erano già riunite. Una di esse si chiamava Lidia: veniva dalla città di Tiàtira ed era commerciante di porpora. Essa credeva in Dio e stava ad ascoltare. Il Signore l’aiutò a capire perché credesse alle parole di Paolo. Allora si fece battezzare, lei e tutta la sua famiglia. Poi ci invitò a casa sua: «Se siete convinti che ho accolto sinceramente il Signore, siate miei ospiti». E ci costrinse ad accettare. Un altro giorno, mentre ritornavamo al luogo della preghiera, ci venne incontro una giovane schiava. Uno *spirito maligno si era impossessato di lei e la rendeva capace di indovinare il futuro. Faceva l’indovina e procurava molti soldi ai suoi padroni. Quella ragazza si mise a seguire Paolo e noi, e gridava: «Questi uomini sono *servi del Dio Onnipotente. Essi vi fanno conoscere la via che porta alla salvezza». Questa scena si ripeté per molti giorni, finché Paolo non poté più sopportarla. Si voltò bruscamente e disse allo spirito maligno: «Esci da questa donna! Te lo comando in nome di Gesù *Cristo». In quello stesso istante lo spirito maligno si allontanò dalla schiava. Ma i suoi padroni, vedendo svanire la speranza di altri guadagni, presero Paolo e Sila e li trascinarono in tribunale davanti alle autorità cittadine. Li presentarono ai giudici e dissero: «Questi uomini creano disordine nella nostra città. Essi sono Ebrei e stanno diffondendo usanze che noi, come sudditi di Roma, non possiamo accettare e tanto meno mettere in pratica». Allora anche la folla si scagliò contro Paolo e Sila; i giudici comandarono di spogliarli e di bastonarli. Dopo averli bastonati, li gettarono in prigione. Al carceriere raccomandarono di custodirli nel modo più sicuro possibile. Dinanzi a questi ordini, il carceriere prese Paolo e Sila, li gettò nella cella più interna della prigione e legò i loro piedi a grossi ceppi di legno. Verso mezzanotte Paolo e Sila pregavano e cantavano inni di lode a Dio. Gli altri carcerati stavano ad ascoltare. All’improvviso ci fu un terremoto tanto forte che la prigione tremò fin dalle fondamenta. Tutte le porte si spalancarono di colpo e le catene dei carcerati si slegarono. Il carceriere si svegliò e vide che le porte della prigione erano aperte: pensò che i carcerati fossero fuggiti. Allora prese la spada e stava per uccidersi. Ma Paolo gli gridò con tutta la voce che aveva: «Non farti del male! Siamo ancora tutti qui!». Il carceriere chiese una lanterna, corse nella cella di Paolo e Sila, e tutto tremante si gettò ai loro piedi. Poi li condusse fuori e domandò loro: — Signori, che cosa devo fare per essere salvato? Essi risposero: — Credi nel Signore Gesù. Sarai salvato tu e la tua famiglia. Quindi, Paolo e Sila annunziarono la parola del Signore al carceriere e a tutti quelli di casa sua. Egli li prese in disparte, in quella stessa ora della notte, e curò le loro piaghe. Subito si fece battezzare, lui e tutta la sua famiglia. Poi li invitò a casa sua e offrì loro un pranzo, e insieme con tutti i suoi fece festa per la gioia di aver creduto in Dio. Quando fu giorno, i giudici mandarono le guardie a dire: — Lascia liberi quegli uomini! Il carceriere andò da Paolo per informarlo. Gli disse: — I giudici hanno dato l’ordine di lasciarvi liberi! Potete dunque uscire e andarvene in pace. Ma Paolo si rivolse alle guardie e disse loro: «Prima ci hanno fatto picchiare in pubblico e senza processo e poi ci hanno buttato in prigione, noi che siamo cittadini romani. Ora vogliono farci uscire di nascosto! No! Devono venire loro, personalmente, a farci uscire di qui». Le guardie riferirono queste parole ai giudici, ed essi si spaventarono, appena sentirono che Paolo e Sila erano cittadini romani. Andarono subito alla prigione a scusarsi. Poi li fecero uscire dalla prigione e li pregarono di lasciare la città. Paolo e Sila allora, lasciata la prigione, andarono in casa di Lidia. Qui incontrarono i cristiani di Filippi e li incoraggiarono. Poi partirono.

Atti degli Apostoli 16:12-40 Diodati Bibbia 1885 (DB1885)

e di là a Filippi, ch'è la prima città di quella parte di Macedonia, ed è colonia; e dimorammo in quella città alquanti giorni. E nel giorno del sabato andammo fuor della città, presso del fiume, dove era il luogo ordinario dell'orazione; e postici a sedere, parlavamo alle donne ch'erano quivi raunate. Ed una certa donna, chiamata per nome Lidia, mercatante di porpora, della città di Tiatiri, la qual serviva a Dio, stava ad ascoltare. E il Signore aperse il suo cuore, per attendere alle cose dette da Paolo. E, dopo che fu battezzata ella e la sua famiglia, ci pregò dicendo: Se voi mi avete giudicata esser fedele al Signore, entrate in casa mia, e dimoratevi. E ci fece forza. Or avvenne, come noi andavamo all'orazione, che noi incontrammo una fanticella, che avea uno spirito di Pitone, la quale con indovinare facea gran profitto a' suoi padroni. Costei, messasi a seguitar Paolo e noi, gridava, dicendo: Questi uomini son servitori dell'Iddio altissimo, e vi annunziano la via della salute. E fece questo per molti giorni; ma, essendone Paolo annoiato, si rivoltò, e disse allo spirito: Io ti comando, nel nome di Gesù Cristo, che tu esca fuor di lei. Ed egli uscì in quello stante. Or i padroni d'essa, veggendo che la speranza del lor guadagno era svanita, presero Paolo, e Sila, e li trassero alla corte a' rettori. E presentatili a' pretori, dissero: Questi uomini turbano la nostra città; perciocchè son Giudei; ed annunziano dei riti, i quali non è lecito a noi, che siam Romani, di ricevere, nè di osservare. La moltitudine ancora si levò tutta insieme contro a loro; e i pretori, stracciate loro le vesti, comandarono che fosser frustati. E dopo aver loro data una gran battitura, li misero in prigione, comandando al carceriere di guardarli sicuramente. Il quale, ricevuto un tal comandamento, li mise nella prigione più addentro, e serrò loro i piedi ne' ceppi. Or in su la mezzanotte, Paolo e Sila, facendo orazione, cantavono inni a Dio; e i prigioni li udivano. E di subito si fece un gran tremoto, talchè i fondamenti della prigione furono scrollati; e in quello stante tutte le porte si apersero, e i legami di tutti si sciolsero. E il carceriere, destatosi, e vedute le porte della prigione aperte, trasse fuori la spada, ed era per uccidersi, pensando che i prigioni se ne fosser fuggiti. Ma Paolo gridò ad alta voce, dicendo: Non farti male alcuno; perciocchè noi siam tutti qui. Ed egli, chiesto un lume, saltò dentro; e tutto tremante, si gettò a' piedi di Paolo e di Sila. E menatili fuori, disse: Signori, che mi conviene egli fare per esser salvato? Ed essi dissero: Credi nel Signor Gesù Cristo, e sarai salvato tu, e la casa tua. Ed essi annunziarono la parola del Signore a lui, ed a tutti coloro ch'erano in casa sua. Ed egli, presili in quell'istessa ora della notte, lavò loro le piaghe. Poi in quell'istante fu battezzato egli, e tutti i suoi. Poi, menatili in casa sua, mise loro la tavola; e giubilava d'avere, con tutta la sua casa, creduto a Dio. Ora, come fu giorno, i pretori mandarono i sergenti a dire al carceriere: Lascia andar quegli uomini. E il carceriere rapportò a Paolo queste parole, dicendo: I pretori hanno mandato a dire che siate liberati; ora dunque uscite, e andatevene in pace. Ma Paolo disse loro: Dopo averci pubblicamente battuti, senza essere stati condannati in giudicio, noi che siam Romani, ci hanno messi in prigione; ed ora celatamente ci mandano fuori! La cosa non andrà così; anzi, vengano eglino stessi, e ci menino fuori. E i sergenti rapportarono queste parole a' pretori; ed essi temettero, avendo inteso ch'erano Romani. E vennero, e li pregarono di perdonar loro; e menatili fuori, li richiesero d'uscir della città. Ed essi, usciti di prigione, entrarono in casa di Lidia; e, veduti i fratelli, li consolarono, e poi si dipartirono.