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Genesi 43:10-34

Genesi 43:10-34 ICL00D

Se non avessimo perso tanto tempo, a quest’ora saremmo già andati e tornati due volte! — E va bene, se non se ne può fare a meno! — rispose allora Giacobbe, loro padre; — fate così: prendete con voi alcuni dei prodotti migliori di questa terra e fatene dono a quell’Egiziano: resina profumata, un po’ di miele, aromi, laudano, pistacchi e mandorle. Riportate i soldi che avete trovato nell’aprire i vostri sacchi: forse c’è stato un errore. E portate con voi un’altra somma. Prendete vostro fratello Beniamino e ritornate da quell’uomo in Egitto. E Dio Onnipotente faccia in modo che egli abbia pietà di voi e vi lasci ripartire con i vostri fratelli Simeone e Beniamino. Quanto a me, se dovrò proprio perdere tutti i miei figli, rimarrò solo. I fratelli prepararono i regali e le somme di denaro, poi si recarono in Egitto con Beniamino e si presentarono a Giuseppe. Quando Giuseppe vide che c’era anche Beniamino, disse al capo della sua servitù: «Porta questa gente nel mio palazzo perché oggi a mezzogiorno saranno miei ospiti. Poi fa’ macellare e cucinare un buon capo di bestiame». Quell’uomo eseguì gli ordini: condusse gli ospiti a casa di Giuseppe. Quando essi videro che li portavano verso il palazzo ebbero molta paura. Pensavano: «Certamente ci fanno entrare qui per i soldi che l’altra volta sono stati messi nei nostri sacchi! Ora gli Egiziani ci salteranno addosso e ci bastoneranno. Poi ci porteranno via gli asini e ci faranno schiavi». Allora, quando già erano sulla soglia del palazzo, si accostarono al capo della servitù e gli dissero: «Scusaci, signore, noi siamo già stati qui una volta a comprare viveri. Ma quando ci siamo fermati per la notte e abbiamo aperto i nostri sacchi, ciascuno di noi ha trovato nel suo sacco esattamente la somma che aveva pagato. Noi, ora, questo denaro lo abbiamo riportato e ne abbiamo con noi dell'altro per comprare ancora viveri. Non sappiamo assolutamente chi sia che ha rimesso il nostro primo denaro nei nostri sacchi». «State calmi, non preoccupatevi — rispose il capo della servitù. — È il vostro Dio, il Dio di vostro padre che ha rimesso un tesoro nei vostri sacchi. Il vostro denaro, a ogni modo, io l’ho ricevuto». Liberò subito Simeone, li condusse nel palazzo di Giuseppe. Poi fece loro portare acqua per lavarsi e dare foraggio agli asini. Avvertiti che avrebbero pranzato lì a mezzogiorno, in attesa di Giuseppe prepararono i loro doni. Quando Giuseppe arrivò a casa gli diedero i regali e si inchinarono fino a terra. Giuseppe chiese loro come stavano, poi disse: — Sta bene il vostro vecchio padre di cui mi avete parlato? Vive ancora? — Sì, nostro padre, il tuo servitore — essi risposero, — è ancora in vita. E sta bene! E si inchinarono rispettosamente. Poi Giuseppe guardò Beniamino, suo proprio fratello, figlio della stessa madre, e disse: — È questo il vostro fratello più giovane, di cui mi avete parlato? Aggiunse: — Dio ti benedica, figlio mio! Commosso davanti a suo fratello, uscì in fretta per non piangere, ma entrato in camera sua scoppiò in pianto. Lavatosi in fretta, tornò con gli altri. Si riprese e ordinò di servire il pranzo. Giuseppe fu servito a un tavolo, i suoi fratelli a un altro. A un altro tavolo ancora venne portato il pranzo agli Egiziani invitati da Giuseppe. Essi non possono mangiare con gli Ebrei: lo vietano le loro osservanze religiose. I fratelli sedevano di fronte a Giuseppe e i posti erano stati loro assegnati in ordine di età, dal primogenito al minore, perciò si guardavano l’un l’altro con stupore. Giuseppe fece loro servire alcune porzioni prese dal suo stesso tavolo e le razioni di Beniamino erano cinque volte più grandi delle altre. Giuseppe bevve vino con loro e tutti furono insieme molto allegri.

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