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Atti 21:4-40

Atti 21:4-40 ICL00D

Visitammo i *discepoli di questa città e restammo con loro una settimana. Per suggerimento dello Spirito, essi dicevano a Paolo di non salire a Gerusalemme. Ma quando furono passati quei giorni partimmo. Tutta la comunità, comprese le donne e i bambini, ci accompagnò, finché arrivammo fuori città. Qui ci mettemmo in ginocchio sulla spiaggia a pregare. Poi ci salutammo a vicenda: noi salimmo sulla nave, ed essi ritornarono alle loro case. Dalla città di Tiro andammo a Tolemàide, e così si concluse il nostro viaggio per mare. Andammo a salutare i cristiani della città di Tolemàide, restando con loro un giorno. Il giorno dopo partimmo di nuovo per raggiungere Cesarèa. Là ci ospitò l’evangelista Filippo che era uno dei sette diaconi. Egli aveva quattro figlie non sposate, che avevano il dono della profezia. Eravamo a Cesarèa da parecchi giorni, quando giunse nella regione della Giudea un certo Agabo, *profeta. Egli venne a farci visita. A un certo punto, prese la cintura di Paolo, si legò i piedi e le mani, poi disse: «Ecco che cosa dice lo *Spirito Santo: l’uomo al quale appartiene questa cintura sarà legato in questa maniera dagli Ebrei a Gerusalemme e sarà consegnato in mano ai pagani». Sentendo queste parole, noi e gli altri presenti pregammo Paolo di non andare a Gerusalemme. Ma Paolo ci rispose: «Perché piangete e cercate di togliermi il coraggio? Io sono pronto ad affrontare in Gerusalemme non solo la prigione ma anche la morte per amore del Signore Gesù». Visto che Paolo non si lasciava convincere, noi, rassegnati, dicemmo: «Sia fatta la volontà del Signore». Alcuni giorni più tardi, ci preparammo per il viaggio e si partì per Gerusalemme. Vennero con noi anche alcuni cristiani di Cesarèa: essi ci condussero da un certo Mnasòne, presso il quale trovammo alloggio. Egli era nativo di Cipro, ed era stato uno dei primi a diventare cristiano. Appena arrivati a Gerusalemme, i cristiani ci accolsero con gioia. Il giorno dopo, Paolo venne con noi da Giacomo, e trovammo uniti tutti i responsabili della comunità. Paolo li salutò e poi riferì loro, a una a una, tutte le cose che Dio aveva fatto tra i pagani per mezzo del servizio da lui svolto. I responsabili lo ascoltarono e ringraziarono Dio. Poi dissero a Paolo: «Tu vedi, fratello, quante migliaia di Ebrei sono diventati cristiani e tu sai che tutti sono rimasti molto attaccati alla *legge di Mosè. Ebbene, essi hanno sentito dire che tu insegni a tutti gli Ebrei che vivono tra i pagani di abbandonare la legge di Mosè, dici di non circoncidere più i figli e di non seguire più le tradizioni ebraiche. Ora che cosa accadrà, quando gli Ebrei di questa città verranno a sapere che sei arrivato? «Fa’ quello che ti suggeriamo: ci sono tra di noi quattro uomini che hanno fatto il voto di non bere vino e di non tagliarsi i capelli per un po’ di tempo. Va’ al *Tempio con loro e partecipa anche tu alla cerimonia della *purificazione. Poi paga per loro le spese per i *sacrifici che sciolgono dal voto. Così tutti capiranno che non c’è nulla di vero nelle informazioni ricevute riguardo a te, e che tu invece vivi in modo conforme alla legge di Mosè. «Ai pagani che sono diventati cristiani noi abbiamo fatto conoscere per lettera le nostre decisioni: essi non devono mangiare la carne di animali sacrificati agli idoli; non devono mangiare il sangue o la carne di animali morti per soffocamento; infine devono astenersi dai disordini sessuali». Paolo prese con sé quei quattro uomini e con loro, il giorno seguente, partecipò al rito della purificazione. Poi entrò nel Tempio per far sapere ai *sacerdoti quando scadeva il loro voto: per quel giorno infatti ciascuno di loro doveva offrire il sacrificio. Stavano ormai per finire i sette giorni, quando gli Ebrei della provincia dell’Asia videro Paolo nel Tempio. Eccitarono la folla contro di lui e riuscirono a prenderlo. Gridavano: «Uomini d'Israele, venite ad aiutarci! Questo è l’uomo che va predicando a tutti e dappertutto contro il popolo d'Israele, contro la *legge di Mosè e contro il Tempio di Dio. Adesso, per di più, ha fatto entrare alcuni non Ebrei nel Tempio e così ha profanato questo luogo santo». Poco prima infatti essi avevano visto Paolo in giro per la città in compagnia di Tròfimo, nativo di Efeso, e pensavano che Paolo lo avesse fatto entrare nel Tempio. Allora in tutta la città ci fu grande agitazione e il popolo accorse da ogni parte. Presero Paolo e lo trascinarono fuori del Tempio. Poi chiusero subito le porte del Tempio. La gente stava cercando di ucciderlo, ma qualcuno salì in fretta dal comandante romano e gli disse: «Tutta Gerusalemme è in agitazione». Subito il comandante prese con sé alcuni soldati e ufficiali e si precipitò verso la folla. Vedendo il comandante e i soldati, gli Ebrei smisero di picchiare Paolo. Allora il comandante si avvicinò, e arrestò Paolo e lo fece legare con due catene. Intanto chiedeva alla gente: «Chi è costui? Che cosa ha fatto?». Ma in mezzo alla folla chi gridava una cosa, chi un’altra. Non potendo conoscere con sicurezza quel che era accaduto, a causa della confusione, il comandante ordinò di condurre Paolo nella fortezza. Quando arrivarono ai gradini della fortezza, la folla premeva con tale violenza che i soldati dovettero prendere Paolo sulle spalle. Una gran massa di popolo infatti veniva dietro e gridava: «A morte!». Mentre lo portavano nella fortezza, Paolo disse al comandante dei soldati: — Posso dirti una cosa? Il comandante allora gli disse: — Come, tu sai parlare in greco? Non sei tu, dunque, quell’Egiziano che recentemente ha provocato una rivolta e ha condotto nel deserto quattromila briganti? Paolo rispose: — Io sono un Ebreo nato a Tarso, una città abbastanza importante della Cilicia. Ti prego, permettimi di parlare al popolo. Il comandante acconsentì. Allora Paolo in piedi, dall’alto della scala, con un cenno della mano invitò la folla a tacere. Ottenuto il silenzio Paolo cominciò a parlare loro in ebraico così