Atalia udì le voci della gente che accorreva ad acclamare il re e raggiunse la folla al tempio. Si accorse che, presso la colonna all’entrata del tempio, stava Ioas. Attorno a lui c’erano i comandanti e i trombettieri. Tutto il popolo manifestava la sua gioia mentre le trombe suonavano. I cantori, con i loro strumenti, guidavano le acclamazioni. Atalia, indignata, si strappò i vestiti e gridò: «È un tradimento!». Il sacerdote Ioiadà non volle che Atalia fosse uccisa nel tempio. Chiamò i comandanti del servizio di guardia e ordinò: «Fate cerchio attorno a lei e portatela fuori del tempio: se qualcuno tenta di seguirla sarà condannato a morte!». Le guardie la trascinarono verso la reggia e, sulla soglia della porta dei Cavalli, la uccisero. Ioiadà fece prendere al re e al popolo un solenne impegno: dovevano essere veramente il popolo del Signore. Poi tutti andarono al santuario del dio Baal. Lo demolirono, fecero a pezzi gli altari e le statue; uccisero Mattàn, il sacerdote di Baal, davanti all’altare. Ioiadà affidò ai sacerdoti leviti la custodia del tempio. A suo tempo, infatti, Davide li aveva suddivisi in gruppi per offrire nel tempio sacrifici completi, come è scritto nella legge di Mosè, e per accompagnare le celebrazioni con canti di gioia. A guardia delle porte del tempio mise i portinai: non dovevano lasciar entrare nessuno che fosse in qualche modo impuro. Ioiadà, insieme con i comandanti militari, i capi, le autorità del popolo e tutta la gente, accompagnò in processione il re, attraverso la porta superiore, dal tempio fino alla reggia, e il re fu insediato sul suo trono. Tutti erano pieni di gioia e, ora che Atalia era stata uccisa, la città fu in pace.
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