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Giobbe 3:1-26

Giobbe 3:1-26 Nuova Riveduta 2006 (NR06)

Allora Giobbe aprì la bocca e maledisse il giorno della sua nascita. E cominciò a parlare così: «Perisca il giorno che io nacqui e la notte in cui si disse: “È stato concepito un maschio!” Quel giorno si converta in tenebre, non se ne curi Dio dall’alto, né splenda su di esso la luce! Se lo riprendano le tenebre e l’ombra di morte, resti su di esso una fitta nuvola, le eclissi lo riempiano di paura! Quella notte diventi preda di un buio cupo, non venga contata tra i giorni dell’anno, non entri nel novero dei mesi! Quella notte sia notte sterile e non vi si oda grido di gioia. La maledicano quelli che maledicono i giorni e sono esperti nell’evocare il drago. Si oscurino le stelle del suo crepuscolo, aspetti la luce e la luce non venga, e non contempli le palpebre dell’alba, poiché non chiuse la porta del grembo che mi portava e non celò l’affanno agli occhi miei. Perché non morii fin dal seno di mia madre? Perché non spirai appena uscito dal suo grembo? Perché trovai delle ginocchia per ricevermi e delle mammelle da poppare? Ora giacerei tranquillo, dormirei, e avrei così riposo con i re e con i consiglieri della terra che si costruirono mausolei, con i prìncipi che possedevano oro e che riempirono d’argento le loro case; oppure, come l’aborto nascosto, non esisterei, sarei come i feti che non videro la luce. Là cessano gli empi di tormentare gli altri, là riposano gli stanchi; là i prigionieri hanno pace tutti insieme, senza udir voce d’aguzzino. Piccoli e grandi sono là insieme, lo schiavo è libero dal suo padrone. Perché dare la luce all’infelice, e la vita a chi ha l’anima nell’amarezza? Essi aspettano la morte che non viene, la ricercano più che i tesori nascosti. Si rallegrerebbero fino a giubilarne, esulterebbero se trovassero una tomba. Perché dar vita a un uomo la cui via è oscura e che Dio ha stretto in un cerchio? Io sospiro anche quando prendo il mio cibo, e i miei gemiti si spargono come acqua. Non appena temo un male, esso mi colpisce; e quel che mi spaventa, mi piomba addosso. Non trovo riposo, né tranquillità, né pace; il tormento è continuo!»

Giobbe 3:1-26 Nuova Riveduta 1994 (NR94)

Allora *Giobbe aprí la bocca e maledisse il giorno della sua nascita. E cominciò a parlare cosí: «Perisca il giorno che io nacqui e la notte in cui si disse: “È stato concepito un maschio!” Quel giorno si converta in tenebre, non se ne curi Dio dall'alto, né splenda su di esso la luce! Se lo riprendano le tenebre e l'ombra di morte, resti su di esso una fitta nuvola, le eclissi lo riempiano di paura! Quella notte diventi preda di un buio cupo, non venga contata tra i giorni dell'anno, non entri nel novero dei mesi! Quella notte sia notte sterile e non vi si oda grido di gioia. La maledicano quei che maledicono i giorni e sono esperti nell'evocare il drago. Si oscurino le stelle del suo crepuscolo, aspetti la luce e la luce non venga, e non contempli le palpebre dell'alba, poiché non chiuse la porta del grembo che mi portava e non celò l'affanno agli occhi miei. Perché non morii fin dal seno di mia madre? Perché non spirai appena uscito dal suo grembo? Perché trovai delle ginocchia per ricevermi e delle mammelle da poppare? Ora giacerei tranquillo, dormirei, e avrei cosí riposo con i re e con i consiglieri della terra che si costruirono mausolei, con i príncipi che possedevano oro e che riempirono d'argento le loro case; oppure, come l'aborto nascosto, non esisterei, sarei come i feti che non videro la luce. Là cessano gli empi di tormentare gli altri. Là riposano gli stanchi, là i prigionieri hanno pace tutti insieme, senza udir voce d'aguzzino. Piccoli e grandi sono là insieme, lo schiavo è libero dal suo padrone. Perché dare la luce all'infelice e la vita a chi ha l'anima nell'amarezza? Essi aspettano la morte che non viene, la ricercano piú che i tesori nascosti. Si rallegrerebbero fino a giubilarne, esulterebbero se trovassero una tomba. Perché dar vita a un uomo la cui via è oscura, e che Dio ha stretto in un cerchio? Io sospiro anche quando prendo il mio cibo, e i miei gemiti si spargono come acqua. Non appena temo un male, esso mi colpisce; e quel che mi spaventa, mi piomba addosso. Non trovo riposo, né tranquillità, né pace, il tormento è continuo!»

Giobbe 3:1-26 Traduzione Interconfessionale in Lingua Corrente (ICL00D)

Finalmente Giobbe cominciò a parlare e maledisse il giorno in cui nacque. Prese a dire: «Maledetto il giorno in cui son nato e la notte in cui fui concepito! Quel giorno sia solamente tenebre, Dio più non se ne curi dall’alto, né luce su di esso più risplenda! Tenebre e oscurità lo inghiottano, sia sepolto da una nuvola e tremi di terrore per il buio improvviso! Quella notte sia preda dell'oscurità, non faccia più parte dei giorni dell'anno, e non entri nel numero dei mesi! Sì, quella notte sia una notte sterile, neanche un grido di gioia vi risuoni! Quelli che sanno come maledire il giorno, che risvegliano il mostro Leviatàn, maledicano quella notte! Non risplendano le stelle del tramonto, aspetti la luce, ma essa non venga; non sorga aurora da quella notte. Sia maledetta, perché non impedì la mia nascita. Una vita di dolori e di affanno!». «Perché non sono morto nel grembo di mia madre? Perché non sono spirato sul nascere? Perché qualcuno mi accolse fra le braccia? Perché mia madre mi nutrì con il suo latte? Se fossi morto allora, riposerei in pace e ora dormirei tranquillo, insieme ai re e ai governanti della terra che si sono costruiti luoghi di riposo, insieme ai principi ricchi d'oro, con le case piene d'argento. Come un aborto nascosto, non esisterei; sarei come un neonato che non ha visto la luce. Nella tomba i malvagi non fanno più tribolare e anche chi è sfinito trova riposo. I prigionieri stanno insieme, in pace, e non odono la voce dell'aguzzino. Laggiù, si trovano piccoli e grandi, schiavi senza più padroni. Perché dare alla luce chi poi, in vita, sarà un disgraziato? Che esistenza è quella di chi incontra solo amarezza? Essi aspettano la morte, anzi la cercano più di un tesoro, ma non la trovano. Sono contenti e gioiscono quando trovano la tomba. Ma all’uomo viene nascosta la via da percorrere, perché Dio lo assedia da tutte le parti». «Invece di mangiare mi lamento, non posso trattenere le mie grida, perché mi piombano addosso i mali che temo, mi capita proprio quel che mi spaventa. Per me non c’è calma né riposo, conosco solo tormenti».

Giobbe 3:1-26 Diodati Bibbia 1885 (DB1885)

DOPO questo, Giobbe aprì la sua bocca, e maledisse il suo giorno. E prese a dire: Possa perire il giorno nel quale io nacqui, E la notte che fu detto: Un maschio è nato. Quel giorno sia tenebroso; Iddio non ne abbia cura da alto, E non risplenda la luce sopra esso. Tenebre, ed ombra di morte rendanlo immondo; La nuvola dimori sopra esso; Queste cose rendanlo spaventevole, quali sono i giorni più acerbi. Caligine ingombri quella notte; Non rallegrisi fra i giorni dell'anno, Non sia annoverata fra i mesi. Ecco, quella notte sia solitaria, Non facciansi in essa canti alcuni. Maledicanla coloro che maledicono i giorni, I quali son sempre apparecchiati a far nuovi lamenti. Oscurinsi le stelle del suo vespro; Aspetti la luce, ma non ne venga alcuna, E non vegga le palpebre dell'alba; Perciocchè non serrò gli usci del seno di mia madre, E non fece sì che gli occhi miei non vedessero l'affanno. Perchè non morii io dalla matrice? Perchè non trapassai come prima uscii del seno? Perchè mi furono pòrte le ginocchia? Perchè le mammelle, acciocchè io poppassi? Conciossiachè ora giacerei, e mi riposerei; Io dormirei, e pezzo fa sarei in riposo, Con i re, e con i consiglieri della terra, I quali edificavano i luoghi deserti; Ovvero co' principi, che aveano dell'oro, Ed empievano le lor case d'argento; Ovvero anche del tutto non sarei stato, come un abortivo nascosto, Come il feto che non ha veduta la luce. Quivi cessano gli empi di travagliare altrui, E quivi si riposano gli stanchi. Parimente i prigioni hanno requie, E non odono più la voce del sollecitator delle opere. Quivi è il piccolo e il grande; E il servo franco del suo signore. Perchè dà egli la luce al miserabile, E la vita a coloro che sono in amaritudine d'animo? I quali aspettano la morte, e pure ella non viene; E la ricercano più che tesori nascosti; E si rallegrano, fino a festeggiarne, E gioiscono, quando hanno trovato il sepolcro. Perchè dà egli la luce all'uomo, la cui via è nascosta, E il quale Iddio ha assiepato d'ogn'intorno? Conciossiachè, avanti che io prenda il mio cibo, il mio sospiro venga, E i miei ruggiti si versino come acqua. Perchè ciò di che io avea spavento mi è avvenuto, E mi è sopraggiunto quello di che avea paura. Io non ho avuta tranquillità, nè riposo, nè quiete; Ed è venuto il turbamento.