Seconda lettera ai Corinzi 11:22-33
Seconda lettera ai Corinzi 11:22-33 Nuova Riveduta 2006 (NR06)
Sono Ebrei? Lo sono anch’io. Sono Israeliti? Lo sono anch’io. Sono discendenza di Abraamo? Lo sono anch’io. Sono servitori di Cristo? Io (parlo come uno fuori di sé) lo sono più di loro; più di loro per le fatiche, più di loro per le prigionie, assai più di loro per le percosse subite. Spesso sono stato in pericolo di morte. Dai Giudei cinque volte ho ricevuto quaranta colpi meno uno; tre volte sono stato battuto con le verghe; una volta sono stato lapidato; tre volte ho fatto naufragio; ho passato un giorno e una notte negli abissi marini. Spesso in viaggio, in pericolo sui fiumi, in pericolo per i briganti, in pericolo da parte dei miei connazionali, in pericolo da parte degli stranieri, in pericolo nelle città, in pericolo nei deserti, in pericolo sul mare, in pericolo tra falsi fratelli; in fatiche e in pene; spesse volte in veglie, nella fame e nella sete, spesse volte nei digiuni, nel freddo e nella nudità. Oltre a tutto il resto, sono assillato ogni giorno dalle preoccupazioni che mi vengono da tutte le chiese. Chi è debole senza che io mi senta debole con lui? Chi è scandalizzato senza che io frema per lui? Se bisogna vantarsi, mi vanterò della mia debolezza. Il Dio e Padre del Signore Gesù, che è benedetto in eterno, sa che io non mento. A Damasco il governatore del re Areta aveva posto delle guardie nella città dei Damasceni per arrestarmi; e da una finestra fui calato, in una cesta, lungo il muro, e scampai alle sue mani.
Seconda lettera ai Corinzi 11:22-33 Nuova Riveduta 1994 (NR94)
Sono *Ebrei? Lo sono anch'io. Sono Israeliti? Lo sono anch'io. Sono discendenza d'*Abraamo? Lo sono anch'io. Sono servitori di Cristo? Io (parlo come uno fuori di sé), lo sono piú di loro; piú di loro per le fatiche, piú di loro per le prigionie, assai piú di loro per le percosse subite. Spesso sono stato in pericolo di morte. Dai Giudei cinque volte ho ricevuto quaranta colpi meno uno; tre volte sono stato battuto con le verghe; una volta sono stato lapidato; tre volte ho fatto naufragio; ho passato un giorno e una notte negli abissi marini. Spesso in viaggio, in pericolo sui fiumi, in pericolo per i briganti, in pericolo da parte dei miei connazionali, in pericolo da parte degli stranieri, in pericolo nelle città, in pericolo nei deserti, in pericolo sul mare, in pericolo tra falsi fratelli; in fatiche e in pene; spesse volte in veglie, nella fame e nella sete, spesse volte nei digiuni, nel freddo e nella nudità. Oltre a tutto il resto, sono assillato ogni giorno dalle preoccupazioni che mi vengono da tutte le chiese. Chi è debole senza che io mi senta debole con lui? Chi è scandalizzato senza che io frema per lui? Se bisogna vantarsi, mi vanterò della mia debolezza. Il Dio e Padre del nostro Signore Gesú, che è benedetto in eterno, sa che io non mento. A *Damasco, il governatore del re Areta aveva posto delle guardie nella città dei Damasceni per arrestarmi; e da una finestra fui calato, in una cesta, lungo il muro, e scampai alle sue mani.
Seconda lettera ai Corinzi 11:22-33 Traduzione Interconfessionale in Lingua Corrente (ICL00D)
Essi sono Ebrei? Lo sono anch’io! Sono Israeliti? Anch’io! Sono discendenti di Abramo? Anch’io! Sono servi di Cristo? Ebbene, dirò uno sproposito: io lo sono più di loro. Io ho lavorato più di loro; sono stato in prigione più di loro; sono stato picchiato più di loro. Più di loro ho affrontato pericoli mortali: cinque volte ho ricevuto le trentanove frustate dagli Ebrei; tre volte sono stato bastonato dai Romani; una volta sono stato ferito a colpi di pietra; tre volte ho fatto naufragio, e una volta ho passato un giorno e una notte in balia delle onde. E ancora: lunghi viaggi a piedi, pericoli di fiumi, pericoli di briganti, pericoli da parte degli Ebrei e dei pagani, pericoli nelle città, nei luoghi deserti e sul mare, pericoli da parte dei falsi fratelli. Ho sopportato duri lavori ed estenuanti fatiche; ho trascorso molte notti senza potere dormire; ho patito la fame e la sete; parecchie volte sono stato costretto a digiunare; sono rimasto al freddo e non avevo di che coprirmi. E, oltre a tutto questo, ogni giorno ho avuto il peso delle preoccupazioni per tutte le comunità. Se qualcuno è in difficoltà, io soffro con lui. Se qualcuno è debole nella fede, io sono tormentato per lui. Se proprio bisogna vantarsi, io mi vanterò della mia debolezza. Dio, il Padre di Gesù Cristo, nostro Signore, — sia benedetto in eterno, — sa che dico la verità. Quando ero a Damasco, il governatore rappresentante del re *Areta aveva fatto mettere delle guardie alle porte della città per catturarmi. Ma da una finestra io fui calato in una cesta all’esterno delle mura e così gli sfuggii di mano.
Seconda lettera ai Corinzi 11:22-33 Diodati Bibbia 1885 (DB1885)
Sono eglino Ebrei? io ancora; sono eglino Israeliti? io ancora; sono eglino progenie di Abrahamo? io ancora. Sono eglino ministri di Cristo? io parlo da pazzo, io lo son più di loro; in travagli molto più; in battiture senza comparazione più; in prigioni molto più; in morti molte volte più. Da' Giudei ho ricevute cinque volte quaranta battiture meno una. Io sono stato battuto di verghe tre volte, sono stato lapidato una volta, tre volte ho rotto in mare, ho passato un giorno ed una notte nell'abisso. Spesse volte sono stato in viaggi, in pericoli di fiumi, in pericoli di ladroni, in pericoli della mia nazione, in pericoli da' Gentili, in pericoli in città, in pericoli in solitudine, in pericoli in mare, in pericoli fra falsi fratelli; in fatica, e travaglio; sovente in veglie, in fame, ed in sete; in digiuni spesse volte; in freddo, e nudità. Oltre alle cose che son di fuori, ciò che si solleva tuttodì contro a me, è la sollecitudine per tutte le chiese. Chi è debole, ch'io ancora non sia debole? chi è scandalezzato, ch'io non arda? Se convien gloriarsi, io mi glorierò delle cose della mia debolezza. Iddio e Padre del nostro Signor Gesù Cristo, il quale è benedetto in eterno, sa ch'io non mento. In Damasco, il governatore del re Areta avea poste guardie nella città de' Damasceni, volendomi pigliare; ma io fui calato dal muro per una finestra, in una sporta; e così scampai dalle sue mani.