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FATTI DEGLI APOSTOLI 24:10-27

FATTI DEGLI APOSTOLI 24:10-27 DB1885

E Paolo, dopo che il governatore gli ebbe fatto cenno che parlasse, rispose: Sapendo che tu già da molti anni sei stato giudice di questa nazione, più animosamente parlo a mia difesa. Poichè tu puoi venire in notizia che non vi son più di dodici giorni, che io salii in Gerusalemme per adorare. Ed essi non mi hanno trovato nel tempio disputando con alcuno, nè facendo raunata di popolo nelle sinagoghe, nè per la città. Nè anche possono provare le cose, delle quali ora mi accusano. Ora, ben ti confesso io questo, che, secondo la professione, la quale essi chiamano setta, così servo all'Iddio de' padri, credendo a tutte le cose che sono scritte nella legge, e ne' profeti; avendo speranza in Dio, che la risurrezione de' morti, così giusti come ingiusti, la quale essi ancora aspettano, avverrà. E intanto, io esercito me stesso in aver del continuo la coscienza senza offesa inverso Iddio, e inverso gli uomini. Ora, in capo di molti anni, io son venuto per far limosine, ed offerte alla mia nazione. Le quali facendo, alcuni Giudei dell'Asia mi hanno trovato purificato nel tempio, senza turba, e senza tumulto. A loro conveniva di comparire davanti a te, e d'accusarmi, se aveano cosa alcuna contro a me. Ovvero, dicano questi stessi, se hanno trovato alcun misfatto in me, quando io mi son presentato davanti al concistoro. Se non è di questa sola parola, che io gridai, essendo in piè fra loro: Io sono oggi giudicato da voi intorno alla risurrezione de' morti. Or Felice, udite queste cose, li rimise ad un altro tempo, dicendo: Dopo che io sarò più appieno informato di questa professione, quando il capitano Lisia sarà venuto, io prenderò conoscenza dei fatti vostri. E ordinò al centurione che Paolo fosse guardato, ma che fosse largheggiato, e ch'egli non divietasse ad alcun de' suoi di servirlo, o di venire a lui. Or alcuni giorni appresso, Felice, venuto con Drusilla, sua moglie, la quale era Giudea, mandò a chiamar Paolo, e l'ascoltò intorno alla fede in Cristo Gesù. E, ragionando egli della giustizia, e della temperanza, e del giudizio a venire, Felice, tutto spaventato, rispose: Al presente vattene; ma un'altra volta, quando io avrò opportunità, io ti manderò a chiamare. Sperando insieme ancora che gli sarebber dati danari da Paolo, acciocchè lo liberasse; per la qual cosa ancora, mandandolo spesso a chiamare, ragionava con lui. ORA, in capo di due anni, Felice ebbe per successore Porcio Festo; e Felice volendo far cosa grata ai Giudei, lasciò Paolo prigione.