Allora Paolo, dopo che il governatore gli ebbe fatto cenno di parlare, rispose: «Sapendo che già da molti anni tu sei giudice di questa nazione, parlo con più coraggio a mia difesa. Perché tu puoi accertarti che non sono più di dodici giorni da quando salii a Gerusalemme per adorare; ed essi non mi hanno trovato nel tempio a discutere con nessuno né a fare assembramenti di popolo, né nelle sinagoghe né in città; e non possono provarti le cose delle quali ora mi accusano. Ma ti confesso questo, che adoro il Dio dei miei padri, secondo la Via che essi chiamano setta, credendo in tutte le cose che sono scritte nella legge e nei profeti; avendo in Dio la speranza, condivisa anche da costoro, che ci sarà una risurrezione dei giusti e degli ingiusti. Per questo anch’io mi esercito ad avere sempre una coscienza pura davanti a Dio e davanti agli uomini. Dopo molti anni sono venuto a portare elemosine alla mia nazione e a presentare delle offerte. Mentre io stavo facendo questo, mi hanno trovato purificato nel tempio, senza assembramento e senza tumulto; e vi erano alcuni Giudei dell’Asia; questi avrebbero dovuto comparire davanti a te e accusarmi, se avevano qualcosa contro di me. Oppure dicano costoro quale misfatto hanno trovato in me, quando mi presentai davanti al sinedrio; a meno che si tratti di questa sola parola che gridai, quando comparvi davanti a loro: “È a motivo della risurrezione dei morti, che io sono oggi giudicato da voi”».
Allora Felice, che era assai bene informato su questa Via, li rinviò dicendo: «Quando sarà giunto il tribuno Lisia, esaminerò il caso vostro». E ordinò al centurione che egli fosse custodito, permettendogli però una certa libertà e senza vietare ad alcuno dei suoi di rendergli dei servizi.
Dopo alcuni giorni Felice, venuto con sua moglie Drusilla, che era giudea, mandò a chiamare Paolo e lo ascoltò circa la fede in Cristo Gesù. Siccome Paolo parlava di giustizia, di temperanza e del giudizio futuro, Felice si spaventò e replicò: «Per ora va’; e quando ne avrò l’opportunità, ti manderò a chiamare». Egli sperava, allo stesso tempo, che Paolo gli avrebbe dato del denaro: per questo lo mandava spesso a chiamare e conversava con lui.
Trascorsi due anni, Felice ebbe per successore Porcio Festo; e Felice, volendo guadagnare il favore dei Giudei, lasciò Paolo in prigione.