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Atti degli Apostoli 16:6-34

Atti degli Apostoli 16:6-34 NR06

Poi attraversarono la Frigia e la regione della Galazia, essendogli stato impedito dallo Spirito Santo di annunciare la Parola in Asia; e, giunti ai confini della Misia, cercavano di andare in Bitinia; ma lo Spirito di Gesù non lo permise loro; e, oltrepassata la Misia, discesero a Troas. Paolo ebbe durante la notte una visione: un Macedone gli stava davanti e lo pregava, dicendo: «Passa in Macedonia e soccorrici». Appena ebbe avuta quella visione, cercammo subito di partire per la Macedonia, convinti che Dio ci aveva chiamati là ad annunciare loro il vangelo. Perciò, salpando da Troas, puntammo diritto su Samotracia, e il giorno seguente su Neapolis; di là ci recammo a Filippi, che è colonia romana e la città più importante di quella regione della Macedonia; e restammo in quella città alcuni giorni. Il sabato andammo fuori dalla porta, lungo il fiume, dove pensavamo vi fosse un luogo di preghiera; e, sedutici, parlavamo alle donne là riunite. Una donna della città di Tiatiri, commerciante di porpora, di nome Lidia, che temeva Dio, stava ad ascoltare. Il Signore le aprì il cuore per renderla attenta alle cose dette da Paolo. Dopo che fu battezzata con la sua famiglia, ci pregò dicendo: «Se avete giudicato che io sia fedele al Signore, entrate in casa mia e alloggiatevi». E ci costrinse ad accettare. Mentre andavamo al luogo di preghiera, incontrammo una serva posseduta da uno spirito di divinazione. Facendo l’indovina, essa procurava molto guadagno ai suoi padroni. Costei, messasi a seguire Paolo e noi, gridava: «Questi uomini sono servi del Dio altissimo e vi annunciano la via della salvezza». Così fece per molti giorni; ma Paolo, infastidito, si voltò e disse allo spirito: «Io ti ordino, nel nome di Gesù Cristo, che tu esca da costei». Ed egli uscì in quell’istante. I suoi padroni, vedendo che la speranza del loro guadagno era svanita, presero Paolo e Sila e li trascinarono sulla piazza davanti alle autorità; e, presentatili ai pretori, dissero: «Questi uomini, che sono Giudei, turbano la nostra città e predicano riti che a noi Romani non è lecito accettare né praticare». La folla insorse allora contro di loro; e i pretori, strappate loro le vesti, comandarono che fossero battuti con le verghe. E, dopo aver dato loro molte vergate, li cacciarono in prigione, comandando al carceriere di sorvegliarli attentamente. Ricevuto tale ordine, egli li rinchiuse nella parte più interna del carcere e mise dei ceppi ai loro piedi. Verso la mezzanotte Paolo e Sila, pregando, cantavano inni a Dio; e i carcerati li ascoltavano. A un tratto vi fu un gran terremoto, la prigione fu scossa dalle fondamenta; e in quell’istante tutte le porte si aprirono e le catene di tutti si spezzarono. Il carceriere si svegliò e, vedute tutte le porte del carcere spalancate, sguainò la spada per uccidersi, pensando che i prigionieri fossero fuggiti. Ma Paolo gli gridò ad alta voce: «Non farti del male, perché siamo tutti qui». Il carceriere, chiesto un lume, balzò dentro e, tutto tremante, si gettò ai piedi di Paolo e di Sila; poi li condusse fuori e disse: «Signori, che debbo fare per essere salvato?» Ed essi risposero: «Credi nel Signore Gesù, e sarai salvato tu e la tua famiglia». Poi annunciarono la Parola del Signore a lui e a tutti quelli che erano in casa sua. Ed egli li prese con sé in quella stessa ora della notte, lavò le loro piaghe e subito fu battezzato lui con tutti i suoi. Poi li fece salire in casa sua, apparecchiò loro la tavola, e si rallegrava con tutta la sua famiglia, perché aveva creduto in Dio.