Il bambino era cresciuto. Un giorno andò a trovare suo padre che lavorava con i mietitori. Appena arrivato, si mise a gridare: «La mia testa! La mia testa!».
Allora il padre ordinò a un servo: «Portalo subito a sua madre». Il servo prese il ragazzo e lo portò alla madre. La donna lo tenne sulle ginocchia fin verso mezzogiorno, e a quell’ora il ragazzo morì. Lei allora lo portò di sopra, lo distese sul letto del profeta Eliseo e uscì, chiudendo la porta. Chiamò suo marito e gli disse:
— Dammi uno dei tuoi servi e un’asina. Vado di corsa dal profeta e torno.
Il marito le chiese:
— Perché ci vai proprio oggi? Non è la festa della luna nuova e neppure un sabato!
— Non ti preoccupare!, — gli rispose la moglie.
Mise la sella sull’asina e ordinò al servo: «Falla camminare: ti fermerai solo se te lo dico io». Così arrivò dal profeta, sul monte Carmelo.
Quando Eliseo la vide da lontano, disse al suo servo Giezi:
— Ma quella è la donna di Sunem! Corrile incontro e chiedile se va tutto bene a lei, a suo marito e a suo figlio.
— Sì, grazie, — rispose la donna, e corse dal profeta, sul monte. Si gettò ai suoi piedi. Giezi voleva spingerla via, ma il profeta disse:
— Lasciala in pace! È molto amareggiata. Il Signore mi tiene nascosto il motivo, non me lo ha fatto sapere.
La donna gridò:
— Ti avevo chiesto io di avere un figlio, signore? Ti avevo ben detto di non illudermi!
Eliseo disse a Giezi:
— Preparati a partire. Prendi il mio bastone e va’ a Sunem. Per la strada, non fermarti a salutare nessuno. Se qualcuno ti saluta, non rispondere. Quando arrivi, posa il mio bastone sul volto del ragazzo.
Ma la madre del ragazzo disse:
— Giuro davanti al Signore e davanti a te: non me ne vado di qui se non vieni anche tu!
Allora Eliseo partì insieme con la donna. Giezi era arrivato prima di loro. Aveva posato il bastone sul volto del ragazzo, ma non c’era stata alcuna reazione, nessun segno di vita. Allora Giezi andò incontro a Eliseo e gli disse: «Il ragazzo non si è svegliato».
Eliseo entrò in casa. Vide il corpo del ragazzo adagiato sul suo letto; si chiuse dentro con lui e si mise a pregare il Signore. Poi si stese sul ragazzo, con la bocca sulla sua bocca, gli occhi di fronte ai suoi occhi e le mani contro le sue mani. Rimase sdraiato su di lui finché il suo corpo non si scaldò. Poi si alzò e si mise a camminare su e giù per la stanza. Infine tornò a stendersi sul ragazzo. Dopo un po’, il ragazzo starnutì sette volte e alla fine aprì gli occhi.
Eliseo chiamò Giezi e gli ordinò di far venire la donna. «Ecco tuo figlio, prendilo!», le disse. La donna si gettò ai piedi del profeta e s’inchinò fino a terra. Poi prese suo figlio e uscì.
Eliseo tornò a Gàlgala. A quel tempo c’era una carestia nella regione. Il gruppo di profeti era riunito intorno a lui. Eliseo ordinò al suo servo: «Metti un pentolone sul fuoco e prepara una minestra per tutto il gruppo». Un profeta andò nei campi a raccogliere erbe e trovò una specie di vite selvatica; colse alcuni dei suoi frutti simili a zucche. Se ne riempì il mantello e tornò a casa. Non conoscevano quei frutti, ma lui li tagliò a pezzi nella minestra. La minestra fu servita, ma appena l’assaggiarono, cominciarono a gridare:
— Uomo di Dio, la minestra è avvelenata.
Nessuno poté mangiarla.
Il profeta Eliseo, allora, comandò:
— Portate un po’ di farina.
La gettò nel pentolone e ordinò:
— Servitevi e mangiate.
Nel pentolone non c’era più nulla di velenoso.
Una volta, arrivò un uomo dal villaggio di Baal-Salisà: portò al profeta venti pani d'orzo, fatti con farina nuova, e un sacco di grano appena raccolto. Eliseo disse al suo servo di sfamare il gruppo con quei viveri. Ma il servo rispose:
— Questa roba non basta per dar da mangiare a cento persone!
— Distribuisci questi viveri, — disse Eliseo, perché il Signore dice: «Ognuno avrà abbastanza da mangiare e ne avanzerà anche!».
Il servo li distribuì e ne avanzò, come il Signore aveva detto.