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EPISTOLA AGLI EBREI 12:18-29

EPISTOLA AGLI EBREI 12:18-29 DB1885

Imperocchè voi non siete venuti al monte che si toccava con la mano, ed al fuoco acceso, ed al turbo, ed alla caligine, ed alla tempesta; ed al suon della tromba, ed alla voce delle parole, la quale coloro che l'udirono richiesero che non fosse loro più parlato. Perciocchè non potevano portare ciò che era ordinato: che se pure una bestia toccasse il monte, fosse lapidata o saettata. E (tanto era spaventevole ciò che appariva) Mosè disse: Io son tutto spaventato e tremante. Anzi voi siete venuti al monte di Sion, ed alla Gerusalemme celeste, che è la città dell'Iddio vivente; ed alle migliaia degli angeli; all'universal raunanza, ed alla chiesa de' primogeniti scritti ne'cieli; e a Dio, giudice di tutti; ed agli spiriti de' giusti compiuti. Ed a Gesù mediatore del nuovo patto; ed al sangue dello spargimento, che pronunzia cose migliori che quello di Abele. Guardate che non rifiutiate colui che parla; perciocchè, se quelli non iscamparono, avendo rifiutato colui che rendeva gli oracoli sopra la terra; quanto meno scamperemo noi, se rifiutiamo colui che parla dal cielo? La cui voce allora commosse la terra; ma ora egli ha dinunziato, dicendo: Ancora una volta io commoverò, non sol la terra, ma ancora il cielo. Or quello: Ancora una volta, significa il sovvertimento delle cose commosse, come essendo state fatte; acciocchè quelle che non si commovono dimorino ferme. Perciocchè, ricevendo il regno che non può esser commosso riteniamo la grazia, per la quale serviamo gratamente a Dio, con riverenza, e timore. Perciocchè anche l'Iddio nostro è un fuoco consumante.

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